Il like di Facebook: un “sensore” sociale e psicologico

Foto di Charis Tsevis via Flickr - CC BY-NC-ND 2.0
Foto di Charis Tsevis via Flickr – CC BY-NC-ND 2.0

 

I social media vengono spesso descritti come “il più grande esperimento sociologico” mai intrapreso. E anche gli psicologi hanno la possibilità di esplorare attraverso nuovi strumenti il loro campo di studi. Però, malgrado l’enorme quantità di dati – di big data – a disposizione, le ricerche portano a risultati spesso in contrasto tra loro, o comunque non si giunge a conclusioni che si possano dire definitive. Probabilmente questo è dovuto alla “giovinezza” e alla velocità con cui appaiono ed evolvono i social media e le tecnologie correlate; gli utenti modificano i loro comportamenti via via che apprendono le dinamiche di quello specifico canale e si adattano alle nuove funzionalità che appaiono. Inoltre, per comprendere i comportamenti e gli effetti finali su un utente occorre valutare la risposta complessiva alle varie combinazioni di social media e di strumenti di comunicazione (come le app di messaggistica) che vengono quotidianamente utilizzati.

Un like dai molteplici significati

Comunque alcuni studi conducono a scoperte interessanti. Per esempio una ricerca apparsa di recente su First Monday si concentra sull’utilizzo del like di Facebook. Questo pulsante è la più semplice delle attività di interazione sulla piattaforma, contribuisce a creare un sistema di reputazione globale (per gli utenti, per i gruppi, per i contenuti, per le aziende) strettamente connesso con le possibilità di advertising e ha implicazioni politiche non banali, rappresentando un mezzo di diffusione e di valutazione nel discorso politico pubblico.

[inlinetweet prefix=”null” tweeter=”null” suffix=”#sociologia”]Il like è un segnale sociale[/inlinetweet] e per studiarne le implicazione occorre, secondo i due ricercatori finlandesi autori della ricerca, porre il focus sui “rituali” che accompagnano le interazioni sociali. Inoltre c’è da considerare la natura asincrona delle interazioni che vi avvengono, e il fatto che la temporalità di tali interazioni risulta espansa pur mantenendo una sua sequenzialità: le discussioni possono essere abbandonate e riprese e protrarsi anche per giorni o settimane (o più).

Date queste premesse, si scopre che [inlinetweet prefix=”null” tweeter=”null” suffix=”#psicologia #facebook”]il semplice gesto di mettere un “like” esprime in realtà uno spettro piuttosto ampio di possibili interpretazioni[/inlinetweet]; si può mettere un “like genuino”, perché quell’oggetto (post, commento, foto) piace davvero ma lo si può usare anche perché influenzati dagli amici che lo hanno già usato (il cosiddetto NPL, network of previous likers), per lanciare un segnale al sotto-gruppo (“ehi, condivido le vostre valutazioni, sono parte della vostra cerchia”) o ancora per mantenere una relazione con gli amici di Facebook. Il “like” ha anche vari sotto-significati, che vanno dal far vedere che si sta leggendo una conversazione pur non partecipandovi, per far sentire meglio il destinatario del “like”, per porre fine a una discussione o, non cliccandolo, per esprimere disaccordo.

Una funzionalità semplice e binaria, quindi, innesca una complessa trama di interazioni sociali le cui sfumature spesso possono essere colte solo dalla cerchia più intima di un utente.

Questo e altri studi sembrerebbero dimostrare come l’utilizzo intensivo di piattaforme di social networking produca una maggiore sensibilità e dipendenza dalle opinioni e dai comportamenti della propria rete sociale non solo online ma anche nella vita quotidiana al di fuori della rete.

L’intensa attività social non aumenta lo stress

Si potrebbe pensare che questa incessante attività social causi un aumento dello stress ma un recente studio del Pew Research Center sembra dimostrare che questo non è vero e che anzi, in alcuni casi (come per le donne che usano Twitter, email e servizi mobili di condivisione di foto) si riscontrano minori livelli di stress; d’altronde un’altra ricerca del Pew aveva evidenziato come i frequentatori abituali di Facebook hanno in genere amicizie più salde, maggior fiducia nelle persone, si sentono più supportati e sono politicamente più coinvolti rispetto a chi non usa i social media.