🌄 Luoghi da vedere: alla (quasi) conquista del Monte Amaro

Un paio di anni fa, facendo ricerche su Google, mi sono imbattuto nel Club dei 2000. Si tratta di un club per chi ha la passione per la montagna e soprattutto per chi ha voglia di collezionare le 243 cime dell’Appennino che superano, appunto, i 2.000 mslm.

Preso dalla foga e dall’eccitazione, le ho stampate su carta ed ho cominciato a smarcarle una per una. Ad oggi, sono arrivato a 19 vette.

Conquistarle tutte rimarrà per sempre un sogno, ma è comunque un buono stimolo per continuare a trekkare e a conoscere posti nuovi.

Inizio del sentiero P, per il Bivacco Fusco
Inizio del sentiero P, per il Bivacco Fusco – Foto di Vito Grittani

La preparazione alla salita

L’Abruzzo è una regione che mi ha letteralmente stregato. I suoi monti li preferisco di gran lunga alle Dolomiti e alle Alpi, i suoi paesaggi sono mutevoli e, in determinati periodi dell’anno, può sembrare di essere in Islanda o nel Tibet (non a caso, Campo Imperatore è anche conosciuto come il Piccolo Tibet d’Italia).

La scelta è caduta quasi subito sul Monte Amaro: è un monte che conosco da tanto ormai,  quando cominciai a scoprire questa meravigliosa regione nel 2008, iniziando da Passo San Leonardo, durante una breve vacanza. Quella parete ripidissima è sempre rimasta stampata nella mia mente e mi chiedevo: “chissà come è possibile raggiungere quella vetta?”.

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L’occasione si è presentata quest’anno. Ci sono principalmente tre modi per conquistarla: due di questi prevedono una salita letteralmente spacca ginocchia, dalla Rava del Ferro o dalla Rava di Giumenta Bianca (con dislivelli da capodigiro, circa 1400 metri), ma comunque relativamente corti.

Il terzo, al contrario, è piuttosto tranquillo ma con una lunghezza davvero notevole: 25 km a/r.

Salita per la Rava del Ferro e discesa per la Rava della Giumenta Bianca e relativo profilo altimetrico
Salita per la Rava del Ferro e discesa per la Rava della Giumenta Bianca e relativo profilo altimetrico

L’organizzazione dell’escursione prevedeva di pernottare nel Bivacco Pelino – che è praticamente sulla vetta del Monte Amaro -, nonché fotografare dal tramonto all’alba, con la speranza di beccare la Via Lattea.

Dato che la salita per la Rava della Giumenta Bianca è già difficile di suo, sarebbe diventata proibitiva con un zaino dal peso di 15 kg.

Si è optato, quindi, per la terza scelta: partenza dal Rifugio Pomilio, passando per il Bivacco Fusco e da lì salire per il Monte Focalone, proseguire per Cima Pomilio, raggiungere i Tre Portoni e infine toccare la vetta tanto agognata.

Mappa del Sentiero dal Rifugio Pomilio al Monte Amaro e relativo profilo altimetrico
Mappa del Sentiero dal Rifugio Pomilio al Monte Amaro e relativo profilo altimetrico

Ho imparato in seguito che un sentiero così lungo, con così tanti sali e scendi, anche se relativamente tranquillo, non lo puoi affrontare con tutto quel peso addosso. Ma questa è una cosa di cui parlerò in seguito.

I due mesi seguenti li ho passati a progettare, a riguardarmi il sentiero su Google Street View e soprattutto a sognare.

Il giorno prima non sto più nella pelle. Finisco di preparare lo zaino: stuoino, sacco a pelo, treppiedi della macchina fotografica, la mia reflex Canon 6D, la mia lente gradangolare Samyang 14 mm f 2.8, il Sigma 50 mm f 1.4, il Canon 24-70 mm f 4 serie L, un pacco di pasta da 250 grammi, caffè e sale, due maglie di pile, giubbotto di pile, giubbotto antivento e ben 5,5 litri d’acqua.

Prendo il mio zaino e lo peso: 18 kg. Quasi mi prende un colpo! Cerco di togliere e di scendere di peso, lasciando lo stuoino a casa (pazienza, penso, dormirò per terra) e qualche altra minuteria.

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La conquista (o quasi) del Monte Amaro (Parco Nazionale della Majella, Abruzzo)

Il mattino seguente preparo i panini, raccolgo tutta la cioccolata e la frutta secca in una busta e metto tutto nello zaino. Mi rifiuto categoricamente di pesarlo. Tanto, penso, le cose non cambiano.

Alle 5.05 del mattino sono già per strada. Sento l’adrenalina scorrermi nelle vene, non vedo l’ora di essere sul sentiero e sentire la terra scricchiolare sotto le mie scarpe da trekking.

L’appuntamento con Vito è alle 9.30, in una stazione di servizio sull’autostrada Pescara – Roma. Alle 9.25 sono lì. Mi fumo una sigaretta in pace, godendomi il verde che mi circonda.

Vito arriva intorno alle 10, quindi andiamo a lasciare una delle nostre macchine a quello pensavamo dovesse essere il nostro punto di ritorno (avevamo pensato, in effetti, di salire da una parte e scendere dall’altra).

Purtroppo i nostri calcoli si sono rivelati errati: avevamo preventivato di essere sul sentiero alle 11, ma in realtà siamo partiti per le 12.30. Alle 12 siamo giunti al Rifugio Pomilio.

Piccola parentesi: che orrore tutte quelle antenne militari, per di più in un parco naturalistico! Vorrei capire chi ha permesso quello scempio!

Alle 12.30, come dicevo, siamo sul sentiero. Il tempo è nuvoloso e ciò è un bene: niente faggi, ma solo pini mughi che al massimo arrivavano all’altezza del petto: si prospettavano 13 km sotto il sole e non sarebbe stato proprio il massimo.

Una fitta nebbia ci da il benvenuto al Blockuas - Foto di Vito Grittani
Una fitta nebbia ci da il benvenuto al Blockhaus – Foto di Vito Grittani

Arriviamo alla fontanina intorno alle 14.30. Il sentiero per ora è stato semplice, con salite e discese molto dolci e per nulla stancanti.

Durante il sentiero incontriamo parecchia gente che rientra al Rifugio Pomilio. Quasi tutti tornno indietro dopo aver rinunciato ad arrivare al Monte Amaro.

Mi ha particolarmente colpito il racconto di un signore che, dopo vari sali e scendi ed essere arrivato alla Cima Pomilio, ha rinunciato perché erada folli tentare di arrivarci.

Guardo la salita verso il Bivacco Fusco e comincio a capire: dalla fontanina al Bivacco sono circa 1,5 km, con un dislivello di circa 400 metri: da svenire!

Cominciamo la salita e finalmente il peso dello zaino comincia a farsi sentire del tutto. Però, ragazzi… che paesaggi! Che spettacolo!

Ci fermiamo tantissime volte, sia per fotografare sia per permettermi di prendere fiato. Poco prima della fine dalla salita, ci fermiamo alla Fonte Acqua Ghiacciata per abbeverarci (sì, se ve lo state chiedendo vi confermo che l’acqua era davvero gelida!).

Comincio a capire che quei 5,5 litri d’acqua potevo risparmiarmeli. Ma ormai è andata. Si continua la salita.

Sulla salita per il Bivacco Fusco, un paesaggio magico si apre ai nostri occhi. Panoramica sulla Valle dell’Orfento
Giochi di luce e nuvole nella Valle dell'Ofento
Giochi di luce e nuvole nella Valle dell’Orfento

Troviamo un ragazzo che scende dal Monte Amaro. Nel frattempo il cielo da nuvoloso è diventato minaccioso, nero e in lontananza si sente tuonare.

Questo ragazzo ci informa che sul Monte Amaro piove, tira vento e fa freddo. Ci consiglia di fermarci al Bivacco Fusco per la notte e di proseguire per il giorno dopo.

Sono sincero: ammetto di aver tirato, internamente, un lungo sospiro di sollievo. Le mie gambe gridavano pietà, i miei polmoni avevano alzato bandiera bianca.

Arriviamo al Fusco intorno alle 17.30, ci sediamo al suo interno ed io, con molta soddisfazione, mi fumo una sigaretta.

Il Bivacco Fusco, nel Parco Nazionale della Majella

Nel frattempo il cielo si libera dalle nuvole e decidiamo di partire alla volta del Monte Amaro. Per rendermi il percorso più agevole, decido di lasciare lì due borracce rispettivamente da un litro e un litro e mezzo, mi alleggerisco di due chili.

Ma per fare ciò, dobbiamo rinunciare alla deviazione per il sentiero di ritorno. Poco male, penso tra me e me, se ciò mi permette di raggiungere il Bivacco Pelino.

Salendo verso il Monte Focalone - Foto di Vito Grittani
Salendo verso il Monte Focalone – Foto di Vito Grittani

Cominciamo la salita e oggettivamente va meglio. Arriviamo nel giro di un ora e mezzo al Monte Focalone (2.676 mslm).

Nei miei sogni ad occhi aperti nei giorni precedenti, immaginavo di sostare ad ogni vetta conquistata. La stanchezza non me lo ha permesso: ho dato giusto un’occhiata alla targhetta e abbiamo tirato dritto.

Tra il Monte Focalone e la Cima Pomilio, c’è una cresta di collegamento che scende per 100 metri e risale per 80 metri, su un sentiero particolarmente esposto. Strapiombi sia a destra che a sinistra permettono una visuale, a est ed ovest, davvero commovente.

Dal Monte Focalone vista sulla Cima Pomilio e, sullo sfondo, il Monte Amaro - Foto di Vito Grittani
Dal Monte Focalone vista sulla Cima Pomilio e, sullo sfondo, il Monte Amaro – Foto di Vito Grittani

Arriviamo a Cima Pomilio (2.656 mslm) intorno alle 20 di sera. Quell’ultimo sali-scendi ci ha davvero sfiancato, ormai siamo letteralmente cotti. Comincia a far buio, il Bivacco Pelino sembra ancora lontanissimo. La strada da fare è di circa 3,5 km.

Ci guardiamo in faccia e decidiamo per la resa, tornando indietro al Bivacco Fusco.

Tornando indietro, giunti a metà della sella di collegamento tra Cima Pomilio e il Monte Focalone, guardiamo verso Ovest. Lo spettacolo è incredibile, [inlinetweet prefix=”” tweeter=”” suffix=”#natura #trekking”]un tramonto come di quelli che ho visto solo nei miei sogni[/inlinetweet].

“Al diavolo la stanchezza”, dico tra me e me. Butto lo zaino a terra, tiro fuori la reflex e immortalo questo sogno.

Il tramonto sognato per una vita, davanti ai propri occhi

Tornati al Bivacco Fusco intorno alle 21, mi sento le gambe davvero fuori uso. Nonostante la rinuncia alla vetta del Monte Amaro, lo spettacolo notturno è davvero magico. La vista sull’Anfiteatro delle Murelle è incredibile, e ben presto fa la sua comparsa la Via Lattea.

Mi soffermo un attimo sul nostro “alloggio”, il Bivacco Fusco. Mentre ero seduto sulla mia durissima panca in legno, cercando di riprende fiato, ragionavo su come gli uomini possano intendere il viaggio: c’è chi cerca gli hotel a 5 stelle per il massimo del confort e chi invece cerca gli hotel sotto un milione di stelle.

Il nostro hotel a un milione di stelle

Penso che non ci sia niente di più bello che poter ammirare il cielo stellato, circondato dalla natura selvaggia e dal silenzio. Ebbene sì, il cielo stellato e il silenzio sono doni della natura di cui l’uomo si è volontariamente privato, circondandosi di rumori, luci, auto, smog e sporcizia.

È una sorta di riavvicinamento con il vero spirito umano, inteso come animale che fa parte integrante del ciclo della vita e non al di sopra di esso.

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Mentre col fornellino di Vito cuciniamo il nostro umilissimo pasto (fusilli con una salsa pronta di ragù di porcini), ci cimentiamo con le fotografie notturne che hanno come soggetto, ovviamente, la Via Lattea.

La temperatura è piacevolissima, intorno ai 10°C, e il silenzio assoluto.

Vista dal Bivacco Fusco sull’Anfiteatro delle Murelle e Via Lattea

Il mattino seguente, al risveglio, lontanissimi dei camosci camminano silenziosi sul fondo dell’anfiteatro delle Murelle. Le foto all’alba, ovviamente, è d’obbligo.

Decidiamo di non proseguire per il Monte Amaro e di tornare indietro al Rifugio Pomilio, sazi della nostra avventura ma anche oggettivamente stanchi.

L’alba vista dal Bivacco Fusco con vista sul Mare Adriatico
Panoramica sull’Anfiteatro delle Murelle da Bivacco Fusco

Alle 6.30 già in marcia per il sentiero, e alle 12 circa arriviamo stanchi al Rifugio, dove ci beviamo la nostra meritatissima birra.

Scendendo dal Bivacco Fusco – Foto di Vito Grittani
Ritornando dal Bivaco Fusco, sullo sfondo il nostro punto di partenza - Foto di Vito Grittani
Ritornando dal Bivaco Fusco, sullo sfondo il nostro punto di partenza – Foto di Vito Grittani

Gli errori da non commettere nel cammino alla conquista di una vetta

Ancora oggi ho il grossissimo rimpianto di non essere riuscito nella mia personale impresa e ogni tanto riapro Google Earth e riguardo il sentiero.

Facendo un’analisi attenta, sono stati vari gli errori che ho commesso. Questi errori, dovuti alla mia totale inesperienza nelle escursioni lunghe più di un giorno, mi sono costati la vetta.

Innanzitutto il carico d’acqua era eccessivo: per avere un’idea, basti pensare che un litro d’acqua corrisponde a circa un 1 kg. Quindi mi portavo appresso, solo di acqua, 5,5 kg.

Provate a immaginare di portare per un sentiero lungo 25 km, una cassa d’acqua da 6 bottiglie da 1 litro sulle spalle!

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In effetti, abituato prettamente al Parco Nazionale del Pollino, dove le fontanine di abbeveramento sono praticamente una chimera, ho pensato bene di portarmi tutta l’acqua necessaria per poter durare più di 24 ore.

Peccato che sul sentiero verso il Monte Amato ne abbiamo trovate due, quindi, sarebbe bastato portarne 2 litri e riempire le borracce strada facendo.

Altro grossissimo errore è stato pretendere di partire alle 5 del mattino, farsi quasi 6 ore di macchina e poi partire per un sentiero lungo 13 km. Sarebbe stato più opportuno andare lì il giorno prima, riposare comodamente nel proprio letto e il giorno dopo affrontare il sentiero con la dovuta calma.

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Inoltre, l’orario cui siamo partiti, le 12.30, non è stato dei migliori. Sentieri di questa lunghezza vanno affrontati sempre il mattino presto, intorno alle 5 o alle 6, e ciò per svariati motivi: affronti buona parte della strada al fresco e hai il tempo di camminare e arrivare alla fine in un orario accettabile.

Se non avessi commesso questi errori, probabilmente ora sarei qui a vantarmi di quanto sono figo ad aver raggiunto il Monte Amaro, di quanto sia stato bello affrontare l’ultima salita, di quanto sia stato bello toccare la croce rossa in ferro e fotografare il tramonto da lassù.

Eppure, bisogna accettare anche le “sconfitte”, saper prendere il meglio dalle proprie esperienze.

Ora ho la consapevolezza di come affrontare nel migliore dei modi quel sentiero l’anno prossimo.

Perché di regola non manco mai una cima, e la prossima volta non fallirò!