Olio di palma, l’ingrediente nascosto dove meno te lo aspetti

Il frutti della Palma da Olio e l'olio di palma
Il frutti della palma da olio e l’olio di palma

 

L’olio di palma è un olio vegetale saturo non idrogenato, ricavato dalle palme da olio, con un larghissimo uso nell’industria alimentare, in quanto davvero economico. Lo troviamo ovunque o quasi: nei prodotti da forno confezionati, in brodi e zuppe, nei dolciumi, nelle creme spalmabili, in torte, grissini e brioche, nei piatti pronti surgelati e addirittura nei tarallini pugliesi.
Nel 2007 la produzione mondiale si è attestata a 28 milioni di tonnellate, rendendolo di fatto il secondo olio commestibile più prodotto, dopo l’olio di soia.
Oltre all’uso alimentare, l’olio di palma trova applicazione in saponi, polveri detergenti, prodotti per la cura della persona, combustibili di fonte agroenergetica.

Un po’ di storia

Coltivazioni di Palme da Olio

 

Questo tipo di olio è stato sempre molto usato nell’Africa occidentale. Alcuni mercanti che commerciavano in quei luoghi lo importarono in Europa, ma essendo un prodotto abbondante ed economico, rimase raro all’infuori dell’Africa Occidentale.
Successivamente, durante l’epoca della rivoluzione industriale, venne largamente usato come lubrificante per le macchine e come materia prima per i prodotti a base di sapone.
Nel 1848 la palma da olio fu introdotta nell’isola di Giava (Indonesia) dagli olandesi e nel 1910 in Malesia dallo scozzese William Sime e dall’inglese Henry Darby.
Negli anni sessanta il governo malese promosse un grande piano di coltivazione della palma da olio allo scopo di combattere la povertà, assegnando a ciascun colone 4 ettari di terra da coltivare con questa pianta.
Ad oggi, la Malesia è il paese in cui si produce il 39% del totale mondiale dell’olio di palma.

Produzione dell’olio di palma

Olio di palma
Olio di palma

 

L’olio di palma si può ricavare sia dal frutto che dai semi.

Nel primo caso i frutti, che sono facilmente deperibili, vengono sterilizzati tramite il vapore, snocciolati, cotti, pressati e filtrati. L’olio che si ricava è di colore rossastro a causa della presenza di beta-carotene. È solido a temperatura ambiente e odora di violetta; il sapore è dolciastro.
Se ulteriormente raffinato assume una colorazione biancastra o giallina. Da questo tipo di estrazione si ottiene un olio che trova largo uso nel mercato alimentare, nella produzione della margarina e nei cibi lavorati. Insieme all’olio di cocco, ha un alto contenuto di grassi saturi.

Nel secondo caso i semi vengono essiccati, macinati e pressati. Si ottiene in questo modo un blocco solido che contiene un’alta percentuale di acido laurico. L’olio ottenuto con questa tecnica si chiama olio di semi di palma o olio di palmisto. Di colore giallo-brunastro, dopo la raffinazione questo olio assume un aspetto bianco-giallino. È molto usato nell’industria dolciaria, per esempio nelle glasse o per la canditura e nelle farciture a base di cacao.

Composizione dell’olio di palma

L’olio di palma o l’olio di palmisto contengono una elevata quantità di acidi grassi saturi, rispettivamente circa il 50% e 80%.
L’olio di palma, inoltre, contiene anche acido oleico monoinsaturo, mentre l’olio di palmisto contiene l’acido laurico.
Se non raffinato, l’olio ottenuto dai frutti contiene il tocotrienolo, membro della famiglia della vitamina E, ed elevate quantità di vitamina K e magnesio.

Entrando nel dettaglio, l’olio di palma contiene, in varie percentuali, i seguenti acidi grassi: Palmitico, Stearico, Miristico, Oleico, Linoleico.
L’olio di palmisto contiene, invece: Laurico, Miristico, Palmitico, Caprico, Caprilico, Stearico, Oleico, Linoleico.

Olio di palma ed etichettatura

Olio di palma indicato come "grasso vegetale non idrogenato"
Olio di palma indicato come “grasso vegetale non idrogenato”

 

Il 13 dicembre 2014 è entrata in vigore la normativa europea che obbliga le aziende a specificare il tipo di materia grassa impiegata nei prodotti alimentari. In passato, invece, i consumatori non erano per nulla informati in quanto l’olio di palma veniva “nascosto” con la dicitura “oli e grassi vegetali“.
Se proviamo ad andare al supermercato, possiamo verificare con i nostri occhi che questo prodotto è praticamente onnipresente (o quasi). Lo troviamo in moltissimi prodotti di aziende come la Ferrero (una delle prime aziende ad usare l’olio di palma), Mulino Bianco, Motta e Mr Day.

Diffusione nell’industria alimentare

Abbiamo visto quanto sia diffuso questo tipo di olio vegetale nell’industria alimentare. Se volessimo esprimerci in numeri, l’olio di palma rappresenta il 25% degli oli vegetali.
Ma perchè questo olio è così diffuso?

L’olio di palma extravergine si presenta con una colorazione rosso acceso, dovuta alla presenza di carotenoidi. L’olio extravergine di palma non trova applicazione nel mondo occidentale, in quanto è meno stabile dell’olio extravergine di oliva, tende a rancidire facilmente e i piatti conditi con questo tipo di olio assumono una colorazione rossastra, cosa non gradita al consumatore occidentale.

Grazie a una serie di processi di raffinazione si arriva ad ottenere un prodotto incolore, inodore e insapore. Inoltre, essendo semiliquido a temperatura ambiente, può essere separato in due frazioni: solida e liquida.

La frazione liquida è molto resistente all’ossidazione, sopportando bene le temperature elevate senza degradarsi, motivo per cui questo olio è utilizzato per la frittura delle patatine e dei dolci.
A seconda del tipo di trasformazioni a cui è sottoposta, si possono ottenere vari tipi di frazioni solide. Ciò permette l’utilizzo in una miriade di prodotti: margarine, merendine, creme spalmabili, salse salate, surrogati di cioccolato e miscele di olio per frittura. Per fare un esempio, il grasso di Palma è presente nella Nutella, nei biscotti del Mulino Bianco e nella stragrande maggioranza delle merendine.

Un altro aspetto che ha reso vincenti l’olio di palma e i suoi derivati è il loro livello spalmabilità, in quanto le creme a base di olio di palma risultano facilmente stendibili e questa caratteristica piace molto ai consumatori.

Il prezzo dell’olio di palma è davvero stracciato, basta dare un’occhiata ai listini delle borse merci per rendersene conto. Per esempio, a luglio 2014, il prezzo oscillava intorno ai 0,90 €/kg contro i 4,5 €/kg del burro anidro. Insomma, un affarone per le aziende alimentari.

Effetti sulla salute umana

Nutella

 

Come e quanto faccia male l’olio di palma è ancora oggi oggetto di un grande dibattito.
Infatti, sulle conseguenze per la salute umana c’è ancora una grande confusione. Se da una parte c’è chi lo demonizza tirando in ballo l’elevata presenza di acidi grassi saturi, che tendono a far alzare i livelli di colesterolo nel sangue e quindi al sorgere di malattie cardiovascolari, dall’altra parte c’è chi lo considera molto positivamente grazie all’elevato contenuto di vitamine A ed E e alle sostanze antiossidanti.

Tutta questa confusione è dovuta al fatto che non è mai chiaro di quale olio di palma si parli, ovvero se quello extravergine o quello raffinato.
Renato Bruni, ricercatore in botanica e biologica farmaceutica dell’Università di Parma, ricorda che “l’olio di palma raffinato perde completamente tutte le sostanze benefiche”. Quindi, chi si pronuncia a favore dell’olio di palma tirando in ballo vitamine e antiossidanti, si dimostrerebbe poco informato (o in malafede).

Coltivazione della palma da olio ed effetti sul Pianeta

Deforestazione
Deforestazione

 

Le coltivazioni delle palme da olio ha effetti diretti ed indiretti sullo stato generale di salute del nostro pianeta. Per fare spazio alle piantagioni si radono al suolo milioni di ettari di foresta e ambienti incontaminati. Per fare un esempio, nell’isola di Sumatra, in Indonesia, hanno raso al suolo un habitat naturale dal valore inestimabile, che ospita gli ultimi esemplari di tigri e di oranghi. Gli incendi distruggono alberi e rendono l’aria irrespirabile, anche a centinaia di chilometri di distanza.
Tutto ciò comporta aumento della concentrazione di anidride carbonica, distruzione delle biodiversità, depauperamento dei terreni e peggioramento dello stato delle acque confinanti.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford ha condotto una serie di studi sull’impatto delle coltivazioni di palma da olio sui corsi d’acqua. In un lavoro, pubblicato sul Journal of Goephysical Research: Biogeosciences, si sono analizzati i corsi d’acqua vicini alle piantagioni, nei pressi dei confini del parco nazionale Gunung Plung del Borneo indonesiano, in un periodo di tempo che va dal 2009 al 2012. I risultati sono stati a dir poco allarmanti: la temperatura è in media più calda di 4°C rispetto alle zone non confinanti con le palme, la quantità di sedimenti fino a 550 volte maggiore di quella normale e si registrano variazioni brusche del metabolismo dell’acqua, ossia del suo consumo di ossigeno.

Tutto ciò è dovuto alla deforestazione, ai lavori per attuarla, alle irrigazioni massicce e ai metodi di coltivazione.

L’Indonesia, nel periodo che va da 2000 al 2013, ha triplicato la propria estensione delle coltivazioni da palma, devastando ciò che era il terzo patrimonio forestale del pianeta.

Secondo i ricercatori californiani, i danni si estendono ben oltre le zone delle coltivazioni, in quanto, interessando le acque, rischiano di causare problemi di approvvigionamento alle popolazioni locali e creare effetti sulle barriere coralline alle foci dei fiumi, ai pesci e in generale a tutto l’ecosistema.

Non sarebbe meglio utilizzare oli alternativi e rispettosi dell’ambiente, come per esempio l’olio di oliva?

1 commento

  1. in pochi anni in borneo si è passati da 400 km in pullman nella foresta primigenia a 400 km (in aereo) su piantagioni di palma di olio.
    la biodiversità è finità, non è ridotta.
    se anche poer ipotesi si cercasse di ripristinare la foresta nessuno dei lettori, tranne forse i più giovani, la rivedrebbe com’era e qui gli alberi crescono quasi a vista.
    I santuari per il recupero degli oranghi sono sorti per curare gli orfani creati da questa “follia” gli oranghi adulti se mangiano le palme o i frutti venivano abbattuti, ma manco importa farlo più perchè togliendogli la foresta si esingueranno da soli.
    Questi paesi non hanno , spero si possa dire non hanno ancora, la cultura che la foresta rende più coi turisti che con l’olio o il rame o il piombo, soggetti al mercato.
    Produci..bene riduco il prezzo fino a che conviene, così produci di più (a danno della terra) e ribasso il prezzo fino a che non troverò di meglio.
    In Irlanda si sono accorti che un salmone pescato con la canna da un turista vale 17 volte il valore che avrebbe pescato con le reti, sterminandolo e più il numero di salmoni cresce più arrivano turisti e si incrementa il valore.
    In Alaska e Canada un certo turismo vale ben più deglio oleodotti (che pure ci sono)
    Speriamo che i paesi meno ricchi imparino questi leggi dell’economia prima che il loro capitale naturale sia perso.
    Di certo in Italia non diamo un bell’esempio visto che fatichiamo a valorizzare l’arte e la bellezza

I commenti sono chiusi.