Non solo cervelli in fuga, intervista a Marco Bogino, Central Supply Planner per Ferrero

Cervelli in fuga? Non tutti! Central Supply Planner per Ferrero, Marco Bogino ama definirsi un Italiano al 100% e non uno dei cervelli in fuga.

Classe ’86, vive e lavora in Lussemburgo, i suoi studi economici l’hanno portato in giro per il mondo, tra Madrid e Buenos Aires.

Marco ha 29 anni, viaggia molto, parla fluentemente spagnolo e inglese e, novità delle novità, non si considera affatto uno dei cervelli in fuga. Inclinazione personale, tanto studio e un pizzico di fortuna, storia di un giovane italiano che non si piange addosso.

Conosciamoci meglio: sei un italiano che lavora all’estero o un cittadino europeo in uno dei paesi membri della comunità? Sei uno dei cervelli in fuga?

Sicuramente entrambi.
Sono al 100% Italiano e lavorare in un’azienda con forti radici italiane aiuta a non spezzare il legame con la madre patria.

Inutile negarlo, spesso “casa” manca; mancano gli amici, manca la famiglia, manca una pizza come Dio comanda, persino la televisione di tanto in tanto.
Allo stesso tempo vivere all’estero ha tanti aspetti positivi e sono assolutamente orgoglioso di poter vedere i progressi che l’Europa ha fatto.

cervelli in fuga

In 70 anni siamo passati dalla guerra alla situazione attuale, dove lavorare all’estero non è più visto come un atto di coraggio o di sacrificio, ma una semplice scelta/opportunità e girovagando per una qualsiasi metropoli europea è possibile sentir parlare qualsiasi lingua senza che questo ci lasci perplessi.

Quali sono le tue mansioni principali all’interno dell’azienda?

Faccio parte dell’ufficio responsabile della pianificazione della produzione degli stabilimenti europei e americani.
Ho il compito di pianificare la produzione dei brand da me seguiti, coniugando le esigenze del mercato e i vincoli delle linee produttive.

Quanto ha pesato il gap linguistico nella ricerca dell’impiego?

In realtà per nulla, innanzitutto perché comunque la lingua principale in azienda è l’italiano, secondo perché ho iniziato lavorando per il mercato italiano per il quale la conoscenza delle lingue straniere non era sicuramente fondamentale.
Chiaramente, passando invece ad una funzione centrale, la conoscenza dell’inglese è diventata necessaria, dovendo mantenere contatti quotidianamente con numerosi stabilimenti stranieri e con i diversi mercati di destinazione.

cervelli in fuga

Si torna a parlare di finanziamenti alle scuole paritarie. Qual è la tua opinione in merito?

Il tema è sicuramente controverso. Le mie uniche esperienze con istituti scolastici privati sono avvenuti durante l’università e per di più all’estero, ricevendo impressioni contrastanti.
Innanzitutto credo che lo Stato abbia il dovere di garantire a chiunque una formazione di alto livello abbattendo le barriere generate dal reddito familiare.

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La priorità nell’allocazione delle risorse deve essere quindi destinata al settore pubblico.
Il settore privato può essere però portatore di innovazione e specificità che andrebbero tutelate.

Sono quindi favorevole al sostegno economico agli istituti privati quando questi hanno carattere di completamento dell’offerta formativa complessiva (ad esempio le scuole in lingua straniera). Da evitare invece a mio avviso i contributi a pioggia, che hanno come unico effetto quello di tenere in vita strutture inutili, spesso scelte più che altro per motivi legati allo status sociale, sottraendo preziose risorse alla scuola pubblica.

cervelli in fuga

Da Torino a Madrid, ora in Lussemburgo. Conta l’inclinazione personale al nuovo o ti consideri uno dei cervelli in fuga?

Ad essere precisi, mancano un paio di pezzi… tornato da Madrid sono partito per Londra per migliorare il livello del mio inglese e, durante il corso di Laurea Magistrale, ho vissuto 6 mesi a Buenos Aires.
A differenza di queste esperienze, scelte e volute, il Lussemburgo è stata una meta casuale: l’azienda mi ha proposto il trasferimento e ho ritenuto conveniente accettare.
Come detto precedentemente, mi sento totalmente italiano e sono molto legato alla mia città e alla mia terra.

Sono però allo stesso tempo attratto dall’estero e ho sempre visto di buon occhio un’esperienza lavorativa in un Paese straniero, perlomeno per un periodo della mia vita.
Pertanto direi che l’inclinazione personale è certamente la motivazione principale, i cervelli in fuga sono altri, anche perché il mio cervello è già fuggito da parecchio 🙂

4 commenti

  1. Ho notato una cosa ritwittando il post: la Ferrero non ha un canale twitter. La pagina ufficiale ha “solo” 93.000 fan (compensati dalla pagina Nutella con più di 30 milioni…).

    Il sito web è decisamente vecchiotto e inadeguato (anche qui migliore quello dedicato alla Nutella) per una delle aziende italiane più famose del mondo (fatturato 8.4 miliardi di euro). Sarebbe interessante capire qual’è la strategia social&web dell’azienda.

  2. Ho notato questa cosa anche io, la ritengo un punto di forza: non serve esserci per forza, a tutti i costi.

    La corsa al social ha prodotto aberrazioni in cui i canali Pinterest, YouTube, Instagram vengono abbandonati e diventano deserti digitali.

    Focalizzarsi su un canale e seguirlo correttamente è la migliore strategia.

    Aggiungo, come tu fai notare, che il canale Nutella ha decine di milioni di fan, quindi ti chiedo, Federico, quando pensi a Ferrero pensi al brand (ad esempio, ti viene in mente il logo?) oppure alla Nutella, ai Rocher etc…?

  3. In parte sono d’accordo Fabio, infatti capisco la strategia di comunicazione focalizzata sulla Nutella (e sugli altri prodotti). Però da una multinazionale che opera a livello globale mi aspetto cha abbia un sito all’altezza.

    Magari Marco Bogino ci può raccontare qualcosa sulle strategie sociel&web della Ferrero (le strategie di marketing sui prodotti, vedi nomi sulle confezioni di Nutella sono in parte note), al netto della tradizionale riservatezza dell’azienda 🙂

  4. Mi piacerebbe moltissimo fare due chiacchiere con qualcuno della sezione social ^_^

    Mi metto subito a caccia 🙂

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