Una città pulita è più smart

Una città più pulita è più smart

Anche senza basi scientifiche e sociologiche appare evidente che una città sporca, piena di graffiti di nullo valore e con scarso verde è poco smart già alla vista.

Peggio ancora per i dispositivi di pagamento come macchinette per l’emissione di biglietti per il trasporto pubblico, casse automatiche dei parcheggi e parcometri che, se sono “graffitati” e sporchi, invitano sempre meno al pagamento di servizi di solito già sgraditi ai cittadini.

Se poi il graffito rende illeggibili le istruzioni, magari già poco chiare di per sé, l’incentivo a non pagare cresce.

Anche pensiline dei bus (che per il solo fatto di esserci dovrebbero essere un valore aggiunto positivo) e fermate con colonnina dei taxi, se sporche o “graffitate” danno disaffezione al servizio e una implicita svalutazione all’occhio del cittadino.

Il ritorno economico di una città pulita

Proviamo a chiederci se l’intervento di pulizia , che certamente è oneroso, abbia un ritorno economico per le città.

Abbiamo un esempio virtuoso: ben raramente bancomat e apparati simili sono imbrattati ed escludendo un forte senso civico che tuteli le banche si è portati a pensare che queste investano sulla pulizia e di riflesso sull’immagine.

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Perché una amministrazione, una municipalizzata o una multiutility non dovrebbe offrire ai cittadini dei sistemi di informazione e di pagamento non solo efficienti ma anche puliti?

I costi non sono insostenibili e dalla mia personalissima esperienza dopo un po’, salvo zone specifiche, i graffiti non vengono più ripetuti se si pulisce regolarmente l’apparato, non trascurando ovviamente di mantenerlo in perfetta efficienza.

Non è del tutto evidente la relazione diretta tra maggiori incassi e miglior pulizia, mentre è chiaro che apparati che spesso non sono in condizioni ottimali invitano a non pagare, magari contando su guasti veri o presunti, da citare in casi di ricorso contro sanzioni.

Ovviamente se l’accoppiata pulizia ed efficienza è dimostrata da report di interventi, software di controllo e magari archivi fotografici e log delle operazioni, il messaggio che giunge al cittadino è che il sistema, che può anche non piacere, per lo meno funziona sempre e per tutti.

Quindi il costo ha un suo ritorno, difficilissimo da quantizzare se non su basi statistiche, ma molto probabile.

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Segnali stradali, turistici e indicatori

Molto più difficile quantizzare il ritorno su altri oggetti quali segnali stradali e indicatori, segnali turistici e soprattutto su bus e treni, ma credo esista anche in questi casi. Evidentemente una città con mezzi pubblici puliti assicura l’opzione di vendere la pubblicità sugli stessi, sia all’interno che all’esterno con pubblicità integrali sulle fiancate, che potrebbero essere una discreta fonte di introito con minimi investimenti.

Avere segnali stradali e indicatori leggibili assicura un incremento di sicurezza e di appeal. Se poi si riesce, come in molte realtà magari piccole, ad avere partnership con privati e associazioni per la cura delle aiuole, il colpo d’occhio indurrebbe già a pensare positivamente nei confronti dell’amministrazione della città. Si potrebbero, ad esempio, creare contatti con cooperative sociali anche per altre unità come cartelli e pensiline, a fronte di scambi con aree di pubblicità social oriented.

Questo discorso, ovviamente, non è contro writer e graffitari, che anzi potrebbero essere coinvolti in piani di recupero urbanistico, laddove invece ora ci si limita a imbrattare o “firmare” un dispositivo di pagamento al servizio della città, oltre a spendere tempo e vernice, creando un disservizio a tutti i cittadini.

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Tutte le volte che viaggiamo all’estero e vediamo città molto meno belle delle nostre, ma pulite e curate, in genere le troviamo meravigliose e pensiamo con meno affetto a città che sono state (uso correttamente il passato) più famose per la spazzatura che per il patrimonio artistico. Napoli su tutte, che appena ripulita dalla spazzatura è rifiorita agli interessi turistici e culturali.

Pensiamo a una città con verde curato, magari di fronte a un bel monumento, senza parcheggio selvaggio. Forse, trovando parcheggio, pagheremmo più volentieri e se ci fosse una reale sinergia sarebbe un affare per tutti. Se pagando il bus o il parcheggio per un giorno, si ricevesse uno sconto per visitare il museo, chi non ne approfitterebbe?

E si scatenerebbe una rincorsa a fare di più: i ristoranti potrebbero contribuire a calmierare i prezzi, aiutando nella gestione e nella pulizia in cambio della loro pubblicità sul retro dei biglietti o, meglio ancora, istituendo tessere per i residenti e i visitatori che consentano di accumulare benefici, non necessariamente in moneta, come un’ora di bike sharing.

2 commenti

  1. Ricorda molto la Teoria del Vetro Rotto, confermata da diversi studi sociologici.

  2. Integro con il riferiumento esteso di Andrea
    http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_delle_finestre_rotte
    Io da ingegnere sono poco pratico di sociologia, ma lo ritengo davvero complementare

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