Google Developer Group, ecco il futuro dell’innovazione [INTERVISTA]

Google Developer Group (GDG) sono community dedicate agli sviluppatori interessati alla tecnologia in generale, ma con una particolare attenzione per prodotti e innovazioni targate Google: da Android a Chrome, da Google Drive alle piattaforme di Google Cloud, fino alle API come quelle per Maps o YouTube, i Developers sono persone comuni capaci di guardare oltre.

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Mike Trizio - GDG Bari

 

Un GDG può assumere varie forme: da poche persone che si riuniscono per guardare l’ultimo video sui prodotti Google, ai grandi raduni con dimostrazioni e talk sulla tecnologia, fino agli hackathon. Al centro ci sono sempre loro, gli sviluppatori e i loro interessi, in grado di offrire grandi soluzioni ormai sempre più spesso per la nostra vita quotidiana.

Tra curiosità e un po’ di ironia ho fatto quattro chiacchiere con Mike Trizio del Google Developer Group di Bari per scoprire cosa avviene nei loro raduni, quale sia la filosofia alla base dei gruppi e le tendenze che sicuramente troveremo nella tecnologia del futuro.

Di cosa si occupa esattamente un Google Developer?

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Per rispondere alla tua domanda devo introdurti cosa sono i Google Developer Group: siamo community locali di appassionati di tecnologie Google ufficialmente riconosciute e supportate da Big G.

In Italia siamo più di 20 gruppi, più di 600 nel mondo. I nostri membri sono sviluppatori, designer, studenti, imprenditori o semplici curiosi. Non è necessario essere un hacker per far parte del nostro gruppo. Non siamo dipendenti Google.

Ci occupiamo di diffondere la cultura dell’innovazione e la conoscenza delle nuove tecnologie, soprattutto quelle di Google, ma non solo.

Ogni community locale ha le sue peculiarità, ad esempio la nostra community a Bari è specializzata su Android e tecnologie Cloud.

Cerchiamo di contribuire allo sviluppo del territorio sia dal punto di vista imprenditoriale che sociale supportando diverse iniziative. Ad esempio, Azzurra Ragone, responsabile insieme a me del GDG Bari, porta avanti in Italia Women Techmakers:un movimento promosso da Google per colmare il gender gap nel mondo delle tecnologie.

Secondo la vostra esperienza e il rapporto che instaurate con gli utenti durante gli eventi ai quali partecipate, qual è il livello di accesso all’innovazione oggi in Italia?

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Oltre ad organizzare eventi in Puglia, quest’anno il nostro gruppo ha partecipato a diverse conferenze in giro per l’Italia in ambito IT. Abbiamo notato una vera e propria sete di conoscenza per quanto riguarda le nuove tecnologie.

Eventi come il Codemotion (Roma e Milano) o il Droidcon (Torino) sono diventati appuntamenti di riferimento per novizi e professionisti del settore. La stessa crescita del numero di Google Developer Group in Italia testimonia una curiosità ed un’attitudine sempre maggiore verso l’innovazione.

L’offerta però, per quanto in crescita, è ancora distante da quella presente nel resto d’Europa. Come Google Developer Group cerchiamo di dare il nostro contributo proponendo eventi con contenuti di qualità.

Proprio in questi giorni stiamo programmando la prossima DevFest: un evento con cadenza annuale più grande di quelli che proponiamo mensilmente, e che il novembre scorso ha visto la partecipazione di più di 350 tra studenti e professionisti al Politecnico di Bari.

I Google Cardboard sono uno strumento a bassissimo costo che permette a chiunque di creare contenuti di realtà virtuale. Quali sono gli sviluppi futuri di questa tecnologia “di cartone”?

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Il costo irrisorio dei Cardboard permette di raggiungere un pubblico enorme, cosa che fa gola a qualsiasi sviluppatore. Quando introduci una tecnologia disruptive come questa, di solito accadono cose inaspettate.

Fa riflettere che si tratti di un progetto nato nel famoso 20% di tempo “libero” in cui Google chiede ai propri dipendenti di pensare a nuove soluzioni.

All’ultimo I/O, la conferenza degli sviluppatori che si è tenuta a fine maggio a San Francisco, Google ha presentato una nuova versione dei Cardboard ed alcune novità interessanti ad esso legate.

Prima fra tutte un nuovo SDK per Android e Unity con la documentazione aggiornata.

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Poi il programma Expeditions: un kit destinato agli studenti, composto da Nexus 5, Cardboard e tablet per l’insegnante. Tramite un’applicazione è possibile fare lezione in realtà virtuale mostrando la barriera corallina o la superfice di Marte.

Una modalità del tutto innovativa e coinvolgente di insegnamento.

Inoltre Google ha presentato Jump: un intero ecosistema di tecnologie per la creazione di video a 360° il cui primo parto è stato un “rig” di 16 camere Hero4 nato dalla collaborazione con GoPro.

Non ci resta che attendere, le premesse sono ottime!

Nel nostro Paese Google è universalmente conosciuto come motore di ricerca, servizio di posta e per le mappe. Ma quali sono le novità che dobbiamo aspettarci in altri settori?

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Google si sta inserendo in diversi mercati con il sistema Android: dagli orologi, alle TV, fino alle auto, Google vuole contribuire a rendere più semplice e connessa la nostra vita.

Brillo è un protocollo presentato quest’anno da Google per estendere Android nel mondo dell’Internet delle cose, presto potremmo controllare il nostro frullatore dallo smartphone per intenderci.

Già in commercio (non in Italia) c’è il Nest, un termostato intelligente e connesso, la cui azienda produttrice è stata acquisita nel 2014 da Big G. Guardando più a lungo termine, ci sono le driveless car che l’azienda sta testando in California.

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Di Google Glass si è parlato moltissimo e sono diventati una specie di mito irraggiungibile per gli amanti della tecnologia. A che punto è lo sviluppo di questo device?

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Un nuovo modello dovrebbe vedere la luce nei prossimi mesi. Google ha rinsaldato le partnership con Intel e Luxottica per la produzione dei Glass.

Il progetto è uscito dagli X lab ed è stato affidato a Tony Fardell, ex manager Apple (uno dei padri dell’Ipod), già a capo della divisione che si occupa del Nest sopra citato.

A lui l’arduo compito di ridisegnare un dispositivo interessante, ma che si è rivelato immaturo e limitato per il mercato consumer, ma che sta trovando una sua nicchia nel mercato enterprise (es. trasporti, spedizioni, sanità).

Pensare a qualcuno che collabora con Google è un po’ come pensare alla Regina di Inghilterra. Come possono contattarvi gli utenti “normali”?

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Per certi versi è così, per altri no. Google ha a cuore gli sviluppatori, i designer e gli imprenditori che utilizzano le sue tecnologie. Il programma DevRel (developer relation) è nato proprio per avere un canale di comunicazione diretto.

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Noi abbiamo la fortuna di avere Alfredo Morresi e Michel Murabito che sono i community manager di Google per l’Italia. E poi ci sono i GDG, è facile trovare il gruppo più vicino ad un utente. Basta andare sulla directory mondiale e trovare i contatti pubblici dei lead come me.

Google Developer si nasce o si diventa?

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La Googliness è un’attitudine. Penso che sia un atteggiamento che appartiene non solo ai dipendenti Google, ma in dosi diverse anche a tutti coloro che sviluppano con le loro tecnologie.

Non si tratta semplicemente di studiare e saper applicare una tecnologia, questo lo possono fare in molti. Si tratta di possedere una serie di capacità come la volontà di puntare all’eccellenza, di saper mantenere il focus sugli obiettivi, la capacità di essere proattivi, quella di saper guardare oltre, essere onesti, trasparenti ed umili, con un pizzico senso dell’umorismo che non guasta mai.

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Quando decidi di sviluppare con tecnologie Google non abbracci solo la tecnologia, ma anche un modo di pensare e di approcciare i problemi del quotidiano. Non dobbiamo mai dimenticare che la tecnologia non deve essere mai fine a se stessa.

Henry Ford questo l’aveva capito già tempo addietro: “C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti”. Ed è questo che cerchiamo di fare ogni giorno nel nostro lavoro.