Linea 77, il nuovo album e il rapporto con la tecnologia [INTERVISTA]

Linea 77, il nuovo album e il rapporto con la tecnologia [INTERVISTA]

In occasione dell’uscita dell’ultimo lavoro dei Linea 77, storico gruppo alternative metal italiano, Diana Piemari Cereda ha rivolto alcune domande alla band.

Diana, Vice editor della sezione Business di Ninja Marketing, ama scrivere di made in Italy e storie di successo tricolori, dalle IPO ai concorsi per idee innovative. Laureata in economia con specializzazione in aziende creative, è fondatrice di una startup innovativa, tra le Female Founders di Girls in Tech Italia. Segue diverse pmi e startup come business development per le strategie digitali e di internazionalizzazione, in ambito fashion, food, media e construction.

Per Pinguino Mag, la sua intervista al gruppo nato come come cover band di Rage Against the Machine e CCCP Fedeli alla linea, e poi diventato uno dei più longevi e qualitativamente validi gruppi della scena musicale metal italiana.

Il video anti-video “Present-arm!” ha sbancato online, grazie alla sua semplicità, includendo una serie di emoticons che rappresentavano gruppi musicali, come è nata l’idea?

 

 

Una sfida che presupponeva un’ottima conoscenza della musica negli ultimi 50 anni. Nato assolutamente per gioco, effettivamente era un gioco che facevamo tra di noi per passare le ore in viaggio. [inlinetweet prefix=”” tweeter=”” suffix=”null”]Ci siamo resi conto che i media che passano i video come un tempo non ci sono più, i video passano sui social[/inlinetweet].

A noi piace cambiare le regole del gioco, non ci aspettavamo tutta questa risposta, abbiamo azionato un mercato nero delle risposte. Ci siamo arrivati sinceramente anche per noi, dopo tutti i video che abbiamo girato non sentivamo più l’esigenza di auto referenziarci mostrando nuovamente le nostre facce.

All’inizio avevamo addirittura pensato di non fare video, poi in realtà ci è venuta quest’idea del gioco, che a dire il vero esisteva già prima dell’era analogica, con il classico foglio “scrivi tutti i gruppi che iniziano con la B”.

Oltre a quest’esperienza com’è il rapporto dei Linea 77 con i fan attraverso i social?

Noi siamo sempre stati molto attenti ai social, dal 2005 quando mentre eravamo in tour a Los Angeles ci siamo iscritti a MySpace. All’inizio era davvero una bella cosa per scambiare idee, una versione molto più umana di Facebook che presupponeva l’avere qualcosa da dire. Abbiamo tutti ritrovato i nostri compagni delle elementari grazie a Zuckerberg, lo troviamo molto interessante ma anche pericoloso perché occorre avere cognizione del mezzo per saperlo usare e non è per nulla scontato.

Linea 77, il nuovo album e il rapporto con la tecnologia [INTERVISTA]

“oh!”, che significa esattamente questa espressione nelle vostre intenzioni?

Il titolo è nato attraverso un processo inverso rispetto al solito. Abbiamo sempre avuto problemi a trovare i nomi dei dischi, invece stavolta abbiamo trovato la copertina, e nella copertina c’era appunto l’esclamazione “oh!” di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Denota stupore e può essere declinato sia positivamente che negativamente. A prescindere poi dalla declinazione, ci piaceva il senso dello stupore che deriva dall’espressione “oh!”, proprio per porre l’attenzione sul senso dello stupore, anche provocando con [inlinetweet prefix=”null” tweeter=”null” suffix=”null”]una copertina così delicata in contrasto con ciò che si trova all’interno[/inlinetweet].

“oh!” è il vostro ultimo lavoro, ma sembra in qualche modo un ritorno alle origini. Perché la scelta di un sound un po’ anni ’90? Vi siete fatti prendere dalle mode anche voi?

Non è una cosa studiata a tavolino, c’è da quando nel 1956 Elvis ha iniziato a muovere il bacino, a distanza di tot anni si ripropone quel genere rivisitato. Abbiamo voluto sperimentare scegliendo prima di tutto qualcosa che ci piacesse fare e che fosse riproducibile dal vivo senza troppi artifici.

Un nuovo album a distanza di quasi cinque anni dall’ultimo full-lenght. Cosa è successo nel frattempo?

Subito dopo i cambiamenti nella formazione con l’uscita del membro storico Emiliano, abbiamo pubblicato l’EP La speranza non è una trappola da sei tracce, con un progettino in testa di far uscire ogni sei mesi non un album intero ma delle piccole perle da sei, sette tracce.

Peccato che[inlinetweet prefix=”null” tweeter=”null” suffix=”null”] la tecnologia si è rivoltata contro di noi[/inlinetweet], e con Ci eravamo tanto armati, che doveva essere la seconda parte di La speranza non è una trappola, nel fare il backup c’è stato un cortocircuito e abbiamo perso tutto.

Avevamo proprio pensato di cambiare modalità di pubblicazione, anche per via dei nuovi trend nella fruizione, quindi con lo spirito di farne meno e farli meglio, ma la tecnologia ci si è rivoltata contro, per cui siamo ritornati al classico EP.

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Nei nei vostri oltre vent’anni di carriera musicale anche il pubblico è cambiato molto. Che ne pensate dei beliebers e dei directioners? Potrebbero diventare anche loro vostri potenziali fan?

Abbiamo rispetto per qualsiasi forma di fanatismo, ognuno si emoziona con quello che crede. Non ascoltiamo questi gruppi, ma non escludiamo comunque a priori che potrebbero piacere. Certo, [inlinetweet prefix=”null” tweeter=”null” suffix=”null”]l’avvento dei social network ha enfatizzato questo aspetto di fanatismo[/inlinetweet], ma anche ai tempi dei Beatles c’erano le fan devote.

I nostri fan in realtà non hanno soprannomi come “I sorcini” di Renato Zero. Il nostro tipo di musica non presuppone il fanatismo, è un rapporto meno passivo, perché c’è rispetto, stima e ammirazione, ed è frequente che il chitarrista o il professionista si complimenti e si dimostri il nostro fan più accanito.

 

Ringraziamo Metatron Group e INRI per la disponibilità con cui hanno permesso realizzare questa intervista.