Storia della musica, l’intonazione a 432 Hertz

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Appena terminato Sanremo celebriamo anche noi la musica affrontando un argomento di basilare rilevanza per chiunque si approcci al mondo delle sette note, avvalendoci delle competenze di Andrea A. Nacci, polistrumentista, cantante e compositore tra l’altro di jazz e musica elettronica. Già autore di uno studio sul problema dell’intonazione a 432 Hz, è stato uno dei relatori della conferenza tenutasi lo scorso 29 novembre a Lecce presso il Salotto Samà, organizzata nell’ambito del Tour della Grande Philia 2014 dall’Hetairia Leoni di Messapia, in cui ha illustrato la storia e gli aspetti tecnici del tema dell’intonazione che da sempre caratterizza il dibattito teorico-musicale internazionale.

L’analisi di Andrea A. Nacci, la premessa scientifica

Alla base di un qualsivoglia studio sull’intonazione c’è il concetto di frequenza espressa in hertz (Hz). Se il suono consiste in una oscillazione di particelle nello spazio generata da una sorgente e il periodo rappresenta il tempo necessario affinché quell’insieme di atomi e molecole torni allo stato iniziale, la frequenza esprime il numero di periodi (oscillazioni) verificatesi in un secondo.

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Si dà per scontato, nell’universo di senso della musica contemporanea, accordare gli strumenti in base alla nota LA. Essa viene prodotta dal diapason mediante l’oscillazione della sua forcella d’acciaio. Il diapason viene anche chiamato corista in quanto se ne avvalgono spesso anche i direttori nell’ambito della musica corale. Per maggiore precisione è preferibile specificare che si tratta del LA a 440 Hz, corrispondente al LA che possiamo suonare sulla terza ottava del pianoforte. Ma non è stato sempre così e tutt’oggi alcuni musicisti si affidano ad un’intonazione differente.

Il percorso storico, l’intonazione 432 HERTZ

La storia musicale ci conferma questa tendenza al cambiamento. Infatti, se il LA più basso in assoluto, a 322 Hz, è quello attribuito ad alcuni virginali del tardo XVI secolo, mantre il più alto pare che sia quello a 519 Hz quello dell’organo Stertzing della chiesa di San Pietro ad Erfurt del 1702, fra questi due estremi ne possiamo menzionare tanti altri, come il tono romano (328 Hz), tono francese (392 Hz), kammer ton (da 400 a 419 Hz), tono veneziano (442-460 Hz), chorton (465Hz), kirchen ton (da 470 a 490 Hz), cornet ton (490 Hz e più), per infine ricordare che a cavallo tra XVI e XVII secolo ogni chiesa romana aveva il suo LA, corrispondente a quello prodotto dall’organo sulla sua quarta ottava. E questo limitando l’indagine all’ Europa fra il Rinascimento e il ‘700. Nel secolo successivo il tono pianistico introduce il corista a 432 Hz.

Anche la storia della musica ha il suo Congresso di Vienna: è del 1885 e fissa il corista a 435 Hz. E se nel 1889 una commissione di famosi musicisti fra cui anche Rossini e Berlioz, riunitasi a Parigi, confermò con decreto imperiale quella frequenza come ufficiale per la Francia, già nel 1859 il LA di riferimento per i concerti sinfonici era 448,8 Hz. Importante poi il contributo del matematico e studioso di fonetica britannico Alexander Ellis con la opera di catalogazione del diapason in Europa. Per il vecchio continente, nel XX secolo, due sono gli anni fondamentali: nel 1953 a Londra, pur dovendo far fronte a pareri decisamente contrari e grazie al governo ombra, l’ISO riuscì ad imporre la frequenza a 440 Hz come quella comunemente accettata, decisione ratificata soltanto nel 1971 con la risoluzione europea n. 71 del 30 giugno.

Per quanto riguarda l’Italia, “l’ufficialità” del LA a 440 Hz è stata stabilita con legge 3 maggio 1989, n. 170, pubblicata sulla gazzetta ufficiale n. 109 del 12/05/1989.

A Nacci al piano

L’appello di Verdi

Ma torniamo all’800, perchè anche Giuseppe Verdi decise di prendere una posizione nella diatriba, schierandosi apertamente a favore del LA a 432, con una missiva indirizzata alla Commissione musicale del governo italiano nel 1884. Il più celebre compositore nostrano si appellò – inutilmente – ad “esigenze matematiche”, che altro non erano che un richiamo ai principi base di acustica ed in particolare alla frequenza di 8 Hz: si tratta di un DO che, alla quinta ottava superiore, risuona alla frequenza di 256 Hz.

Il LA accordato in base a quel DO ha frequenza 432 e non certo 440 Hz. Non a caso, quindi, il diapason a 432, approvato all’unanimità nel 1881 dal Congresso dei musicisti italiani, viene definito scientifico, mentre le 440 oscillazioni al secondo, pur essendo quelle di riferimento a livello internazionale, sono state apostrofate come frequenza disarmonica, stigmatizzata in quanto lontana dall’equilibrio delle leggi fisiche che reggono l’universo.

La frequenza ad 8 Hz, infatti, appare come la pietra angolare di quelle leggi fisiche: le risonanze elettromagnetiche globali della terra (risonanza di cavità Schumann) ma anche la replicazione della doppia elica del DNA sono “sintonizzate” sugli 8 Hz. E se questa fosse la frequenza dell’attività dei nostri emisferi cerebrali la loro operatività raggiungerebbe l’equilibrio, ricevendo anche un input di informazioni più consistente.

Della “disarmonia” dei 440 Hz sembrava consapevole il ministro della propaganda nazista Goebbels, che la impose nel 1939, a quanto pare per infondere nei soldati tedeschi maggiore aggressività.

 

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