Tenko e Scriba: “Scrivere è un modo per imparare a vivere” [INTERVISTA]

Dopo il successo del nuovo video per il lancio di Parte tutto quanto, girato in collaborazione con l’artista di protesta turca Elif Nursad, parliamo con Tenko e Scriba di cosa significhi fare musica oggi e di come si può rimanere liberi attraverso l’espressione artistica.

Una intervista a due per scoprire il senso profondo dei loro testi e conoscere meglio i due fratelli rapper.

Tenko e Scriba Scrivere è un modo per imparare a vivere [INTERVISTA]

Rap e graffitismo non sono mondi così lontani. Entrambi muovono da una forma di protesta, ma come è nato questo incontro tra Tenko, Scriba ed Elif?

Scriba: L’incontro con Elif è nato grazie ad un idea di Carmine (Ragga Meridional Crew), sostenitore e fautore di questo nuovo progetto Hardcorebaleni firmato Tenko e Scriba. Carmine ha conosciuto Elif ad un viaggio ad Istanbul rimanendo folgorato dai dipinti e dalla personalità stessa di Elif. Quando mio fratello gli ha inviato il provino di Parte tutto quanto lui ha subito trovato una connessione tra il messaggio del pezzo e l’attitudine di fare arte di Elif.

Da qui è partita l’idea che ha messo in azione la macchina che ci ha tenuto uniti…

Tenko: Ovviamente tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto dei due registi turchi Orcun Behram e Tolga Demirci che Carmine ha conosciuto durante quello stesso viaggio ad Istanbul.

tenko e scriba

Dalla Turchia arriva proprio in questi giorni la notizia di giornalisti arrestati. In Italia possiamo ritenerci un po’ più fortunati o anche qui la democrazia, in fondo, è solo una formalità secondo voi?

T.: Su alcuni aspetti (ma non molti) siamo più fortunati.

Quello che è successo in Turchia è molto grave, ma questo fa capire che nonostante la rigidità che c’è in Turchia ci sono ancora giornalisti che lottano l’ipocrisia e la corruzione dello stato. In Italia siamo messi uguale, abbiamo corruzione, ipocrisia e menefreghismo dilagante, solo che per salvare la faccia i giornalisti noi non li arrestiamo, li mettiamo in condizione di addattarsi o cambiare mestiere. La nostra è una delle democrazie più finte che la storia abbia mai visto.

S.: …basta pensare che abbiamo visto due presidenti del consiglio eletti senza il voto del popolo.

tenko e scriba

Parte tutto quanto si intitola il vostro nuovo brano. La vera azione può ritenersi quella degli artisti oggi o anche loro sono incastrati in un meccanismo commerciale che li vuole costruire come prodotti vendibili per un pubblico predefinito?

S.: Ci sono artisti veri e falsi artisti. L’artista vero esprime quello che ha dentro senza schemi o limiti. Il falso artista esprime quello che che gli viene detto e a quel punto diventa una macchina. Una macchina per fare e far fare soldi.

T.: Quando mi sono avvicinato all’hip hop la cosa che più mi piaceva di questa cultura era il suo essere sovversivo e sconvolgente. Già il modo di vestirsi per esempio era fuori dal normale; e poi tutto il resto era un’azione unita e concentrata a sostenere la gente, quella vera; e gli artisti che amavo mi dicevano di sbattermene dei soldi, la loro attitudine mi diceva che per fare buona musica ci vuole l’anima, il resto (soldi compresi) vien da sé. I miei eroi microfonici mi raccontavano di un mondo che non è quello degli spot in televisione, mi hanno raccontato di gente che soffre, di gente che sta nei ghetti. Questa cultura mi sta svegliando. Col tempo ho visto quello che più amavo passare dall’altra parte.

Elif ha una sua galleria, ma la sua vera esposizione sono le strade di Istanbul con i suoi murales; Tenko e Scriba producono un nuovo album, ma la soddisfazione più grande sono le visualizzazioni del video su Youtube. Internet concede una vera opportunità di libertà di espressione?

S.: Sì, concede un opportunità. Però questo ci deve aiutare e scendere in strada e non a restare chiusi in casa dietro ad uno schermo. Perchè l’arte la si vive fuori a contatto con la gente. Bisognerebbe partecipare a più live e andare in giro a vedere concerti di qualsiasi tipo di musica. Tutto ciò ci spinge a conoscere e diventare più consapevoli.

T.: Io, come tutti, quando posso navigo su mille siti alla ricerca degli ultimi album o libri in uscita.

Grazie a Youtube ascolto le anteprime e se la roba mi gusta, sempre sul web, acquisto i dischi. Rispetto ad altri artisti ho un modo parecchio misurato di usare internet per la mia musica, anche se so che oggi è fondamentale auto promuoversi in un determinato modo, senza mai perdere il sapore autentico del proprio messaggio.

Le visualizzazioni sono una soddisfazione, ma per me rappresentano solo un a parte del gioco. Le soddisfazioni più grandi vengono dai dischi che vendi e dalle reazioni della gente che c’è ai nostri live. Le visualizzazioni sono un termometro che misura l’impatto della tua musica. Il resto sono solo microfoni e tavole di un palco.

“Fare arte non è automatico, è sintomatico” avete detto nel vostro teaser-intervista per il lancio del nuovo video. È questo che vi permette di non essere “schiavi” del sistema?

S.: Sì, in questo disco siamo stati molto sintomatici. Io personalmemto ho scritto quello che mi andava di scrivere senza pormi degli obiettivi. Ho scritto di getto, spinto dalle emozioni e ispirato dai colori dei beat. Per quanto mi riguarda quando scrivo mi sento libero di esprimermi senza dar conto a nessuno.

Ed ogni volta che impugno la penna e spingo il tasto play sono consapevole del fatto che nutro la mia anima di cose positive, schivando leggi e schemi.

E questo mi permette di seguire dei sani principi, mi dà forza di guardare avanti e non arrendermi, questo mi permette di coltivare i miei sogni. Io seguo la musica e pensare a questo mi rende libero e non schiavo, il sistema può anche fottersi.

T.: Io scrivo quando sento che qualcosa in me non va. Quando mi sento inadatto al ruolo che il sistema mi assegna. Sul foglio cerco di capire qual è il problema e con le rime cerco di colpire i miei mostri fino a sfinirli. E quando ci riesco mi sento libero e più forte di prima pronto a una nuova sfida o a un nuovo foglio.

So di non ubbidire al sistema perché quando rimo rispondo solo ed esclusivamente a un mio bisogno, rispondo alle mie emozioni; per esempio una nuvola grigia nel bel mezzo del cielo azzurro può emozionarmi e ispirare in me qualcosa, mentre al resto del mondo questo particolare può passare inosservato. Sarò schiavo del sistema sotto parecchi punti vista, ma quando creo cerco di essere me, naturale.

Scrivere può diventare un altro modo di imparare a vivere.