Copertine di dischi in vinile, le 5 più belle di sempre

The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd sarebbe stato ugualmente un successo anche senza la sua mitica copertina? I collezionisti lo sanno bene, le copertine di dischi in vinile valgono tanto quanto l’integrità del disco vero e proprio e almeno quanto le tracce contenute nei solchi neri del vinile.

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Ci sono copertine di dischi in vinile, però, che hanno davvero segnato la storia della musica: indimenticabili, indelebili e molto valutate in fatto di quotazione di dischi.

Storie rare per copertine di dischi in vinile rari: The Beatles – White Album

The Beatles, meglio noto come White Album, è il nono album in studio della band inglese, uscito il 22 novembre 1968. Un doppio album, dalla copertina bianca e praticamente priva di grafica e testi, ad eccezione del nome della band in rilievo, The Beatles appunto, in netto contrasto con la precedente copertina – altro capolavoro della storia del rock e delle copertine -, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band.

Ogni copia della prima stampa era poi caratterizzata da un altro particolare: un numero di serie che già dava idea della futura rarità dell’album.

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La copia personale di Ringo Starr (No.0000001) è stata venduta per 790.000 dollari nel dicembre 2015, secondo la rivista Rolling Stone.

Si tratta del prezzo più alto mai pagato per un album rilasciato in commercio.

DIschi in vinile e copertine famose: dal bianco dei Beatles al nero degli AC/DC

L’esatto opposto del famoso White Album.

Una copertina completamente nera è l’inconfondibile segno distintivo di Back in Black, il settimo album in studio degli AC/DC, pubblicato il 25 luglio 1980 dalla Atco Records.

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Con più di 50 milioni di copie vendute nel mondo, di cui 22 milioni nei soli Stati Uniti d’America, è l’album più venduto nel mondo dopo Thriller di Michael Jackson, al numero 77 nella classifica dei 500 migliori album stilata dalla rivista Rolling Stone.

L’episodio della morte di Bon Scott, cantante del gruppo dal 1974 al 1980, ha probabilmente influito sui temi trattati dai brani sul disco, che si avvicina a essere un concept album sulla morte e sull’edonismo. Secondo quanto riferito da Angus Young, la copertina totalmente nera scelta per l’album era un «segno di lutto» per la scomparsa prematura di Bon Scott.

L’Atlantic Records aveva qualche perplessità circa una copertina così listata a lutto, ma accettò l’idea a patto che il gruppo mettesse almeno un contorno grigio alle lettere del logo AC/DC per rendere riconoscibile al pubblico che fosse un disco del gruppo.

Un altro chiaro riferimento alla morte di Scott, sta nel fatto che il disco inizia con i rintocchi di una campana a morto, sui quali la band suona il primo pezzo dell’album.

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Cover e provocazioni: Electric Ladyland di Jimi Hendrix

Electric Ladyland è il terzo album del gruppo The Jimi Hendrix Experience, pubblicato nel 1968.

Se per alcuni è questo il miglior lavoro di Hendrix, con brani celebri come Crosstown Traffic, Voodoo Child (Slight Return), e la cover di All Along the Watchtower di Bob Dylan, c’è anche un altro motivo dietro l’irriverente successo del disco.

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Hendrix aveva le idee chiare e per la sua copertina scrisse una lettera alla Reprise Records, descrivendo come avrebbe dovuto essere.

L’idea era di utilizzare una foto a colori, scattata da Linda Eastman, che ritraeva la band seduta assieme a dei bambini sopra una scultura tratta dal romanzo Alice Nel Paese Delle Meraviglie situata a Central Park, a New York.

Per l’edizione statunitense, la Reprise Records non tenne conto della richiesta di Hendrix, utilizzando come copertina una foto che ritrae il chitarrista in primo piano, virato in giallo e rosso, opera di Karl Ferris, mentre nel Regno Unito la Track Records utilizzò come cover una foto che ritraeva 20 donne completamente nude, alcune sedute, altre sdraiate, su uno sfondo nero con i seni in evidenza e con in mano un ritratto di Jimi Hendrix.

L’impatto sull’opinione pubblica britannica fu pessimo e alcuni negozi iniziarono ad esporre il disco con la parte interna della copertina apribile messa verso l’esterno. Hendrix stesso rimase imbarazzato per la fotografia e questo è uno dei motivi per cui tutte le stampe attuali del disco riportano la copertina americana.

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Dischi in vinile e copertine d’autore

C’è davvero bisogno che ti dica qual è la copertina da inserire in questa categoria? No, so perfettamente che hai già capito a quale cover ci riferiamo. Se il lavoro di Andy Warhol sull’album di The Velvet Underground & Nico ha anche i suoi detrattori, non è possibile non citarla come decimo posto nella classifica di Rolling Stone sulle 100 migliori copertine di dischi in vinile della storia.

The Velvet Underground & Nico è il primo album dei Velvet Underground, gruppo musicale rock statunitense, registrato con la collaborazione vocale della cantante tedesca Nico nel 1966 e pubblicato nel 1967 dalla etichetta Verve Records.

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Il disco è considerato uno degli album più importanti, influenti ed acclamati della storia della musica rock, avendo gettato le basi per una moltitudine di generi venuti dopo, come punk, new wave, rock alternativo o post-rock.

Ma le novità riguardano anche le tematiche dei testi, mai affrontate prima in maniera così esplicita in un brano rock, come la vita metropolitana, la perversione e la deviazione sessuale, l’alienazione urbana o lo spaccio e assunzione di droga.

L’album venne prodotto da Andy Warhol, che ne disegnò la celebre copertina con la banana.

Filosofia, simbolismo e mito nella copertina di dischi in vinile

The Dark Side of the Moon (intitolato Dark Side of the Moon nell’edizione CD del 1993) è l’ottavo album in studio dei Pink Floyd, pubblicato il 10 marzo 1973 negli States dalla Capitol Records e il 23 dello stesso mese nel Regno Unito dalla Harvest Records.

L’album rappresenta l’approdo di numerose sperimentazioni musicali che i Pink Floyd attuavano sia nei loro concerti che nelle registrazioni, pur lasciando più ampio spazio ai testi di Roger Waters, incentrati sul tema filosofico degli aspetti che sfuggono al controllo razionale dell’animo umano, costituendone cioè il “lato buio”. Proprio a questo concetto fa riferimento il titolo dell’album.

The Dark Side of the Moon fu pubblicato inizialmente in formato vinile con una copertina pieghevole, disegnata dalla Hipgnosis e George Hardie, che mostrava un prisma triangolare, rifrangente un raggio di luce sul fronte.

La Hipgnosis aveva già disegnato varie copertine per la band con risultati controversi: la EMI non aveva gradito le immagini di Atom Heart Mother e Obscured by Clouds, poiché si aspettavano disegni più tradizionali, ma i disegnatori poterono ignorare le critiche perché sotto contratto con il gruppo.

Per The Dark Side of the Moon Richard Wright chiese qualcosa di più elegante e pulito, così la compagnia artistica presentò sette disegni, ma i quattro membri del gruppo scelsero senza discussioni quello del prisma, opera di Hardie e ideata da Storm Thorgerson durante una sessione di brainstorming con Powell.

Il famoso prisma rappresenta tre elementi: l’illuminazione dei concerti della band, i testi delle canzoni e la volontà di Wright di un progetto “semplice e audace”.

Dalla tradizionale gamma di sette colori dell’arcobaleno è escluso l’indaco e la rifrazione del fascio di luce prosegue lungo tutto l’interno della confezione, dividendola orizzontalmente in due parti: in quella inferiore compaiono i testi delle canzoni mentre in quella superiore vi è l’elenco delle tracce e i crediti.

Le linee di colore proseguono anche sul retro della copertina dove entrano in un altro prisma rovesciato, voluto da Thorgerson per facilitare la disposizione del disco nei negozi.

In molte stampe era presente un adesivo rotondo sulla confezione di plastica trasparente del disco che indicava nome del gruppo e titolo, riportati anche sulla costa. Nella prima stampa inglese, alcune copie avevano il solo adesivo rotondo attaccato direttamente alla copertina; altre, nemmeno quello.

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Diverse prime edizioni furono infatti messe in commercio senza alcun riferimento sulla copertina esterna. In seguito l’adesivo fu sostituito da una stampa direttamente sulla copertina.

All’interno della confezione pieghevole si trovavano degli adesivi e due poster, uno con immagini della band in concerto con lettere sparse a formare la scritta PINK FLOYD, l’altro con una fotografia agli infrarossi delle Piramidi di Giza (soggetto anche degli adesivi) creata da Powell e Thorgerson. I poster delle piramidi erano differenti fra la versione statunitense e inglese.

La copertina della prima edizione su CD, pubblicata nel 1984, rispecchia in scala quella originariamente prevista per il disco 33 giri, con l’aggiunta in alto a destra di un cerchio bianco contenente nome del gruppo e titolo. Sul retro è presente la stessa immagine che compare sulla copertina del vinile, anche se in scala leggermente diversa e più grande rispetto a quella anteriore.

La seconda edizione su CD (quella attualmente in vendita) è stata presentata nel 1994. Stavolta sia il nome della band, sia il titolo (senza l’articolo iniziale, come nella prima edizione su stesso formato), compaiono solamente in costa. Il fronte presenta un prisma non più trasparente ma opaco, nel quale entra un raggio di luce bianca che viene in parte riflesso dalla superficie. Il fascio di colori dell’arcobaleno (tutti e sette) non crea più una linea guida lungo le 22 pagine del booklet, anche se compare in basso a pagina 19 e 20, dove c’è una foto del gruppo e, come nel vinile, la linea verde simula un elettrocardiogramma.

Le prime quattro e le ultime due pagine del booklet riportano foto della band e delle Piramidi egiziane. Le restanti 14 sono dedicate a due a due alle canzoni dell’album e riportano il testo e un’immagine di sfondo il cui colore è diverso per ogni canzone, sempre secondo l’ordine dei sette colori dell’arcobaleno.

Un’ultima edizione è quella del super CD, con sfondo leggermente diverso rispetto alle altre versioni.