I robot possono fare il tuo lavoro meglio di te (e presto lo faranno)

Chi ancora si ostina a negarlo è una specie di dinosauro: un imprenditore senza voglia di innovare o, semplicemente, troppo legato a vecchi stili e metodologie che stanno per essere cancellati. Non importa come lo definiamo, è già finito. Ora tocca ai robot.

Inutile insistere: l’iper competizione delle macchine distruggerà ogni buon proposito di svegliarsi un’ora prima e lavorare un’ora in più. Svegliamoci, ma sul serio: le macchine sono più capaci e più performanti di noi.

robot umanoidi e robot antropomorfi

I robot e le intelligenze artificiali stanno infatti ridefinendo tutti i processi organizzativi e gli investimenti su queste tecnologie sono legati, come sempre agli investimenti.

Sono, infatti, un’ottima risorsa su cui puntare, migliore del social media manager di punta o del guru del cavolo: con l’automazione, gli obiettivi vengono raggiunti più velocemente, con meno impiego di risorse e con meno blasonata, inutile, costosa creatività. 

A breve, i robot saranno in tutte le nostre case, con forme più o meno simili a quelle umane ma con capacità decisamente superiori.

Jerry Manbot - Un robot umanoide a Maker Faire Rome
Jerry Manbot – Un robot umanoide a Maker Faire Rome

I robot lavoratori sono un’idea antica

L’idea di persone artificiali risale almeno all’antica leggenda di Cadmo, che seppellì dei denti di drago che si trasformarono in soldati e al mito di Pigmalione, la cui statua di Galatea prese vita.

Nella mitologia classica, il deforme dio del metallo (Vulcano o Efesto) creò dei servi meccanici, che andavano dalle intelligenti damigelle dorate a più utilitaristici tavoli a tre gambe che potevano spostarsi di loro volontà.

La leggenda ebraica ci parla invece del Golem, una statua di argilla, animata dalla magia cabalistica.

Le origini della terminologia sui robot

Un robot (dalla parola ceca robòta che significa lavoro pesante, a propria volta derivata dall’antico slavo ecclesiastico rabota, servitù) è una qualsiasi macchina (più o meno antropomorfa) in grado di svolgere più o meno indipendentemente un lavoro al posto dell’uomo.

Il termine robotica venne usato per la prima volta (su carta stampata) nel racconto di Isaac Asimov intitolato “Bugiardo!” del 1941, presente nella sua famosa raccolta Io, Robot.

I robot di Leonardo Da Vinci

Il primo progetto documentato di un robot umanoide è opera del genio di Leonardo da Vinci, realizzato attorno al 1495.

Gli appunti di Da Vinci, riscoperti negli anni cinquanta, contengono disegni dettagliati per la costruzione di un cavaliere meccanico, apparentemente in grado di alzarsi in piedi, agitare le braccia e muovere testa e mascella.

i robot lavoratori di Leonardo Da Vinci
Di Photo by Erik Möller. Leonardo da Vinci. Mensch – Erfinder – Genie exhibit, Berlin 2005. – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=395321

Il progetto era probabilmente basato sulle sue ricerche anatomiche registrate nell’Uomo Vitruviano. Non si sa se tentò o meno di costruire il robot.

i robot - l'uomo vitruviano di leonardo da vinci
Di Paris Orlando – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=83818167

Lavorare è disumano

Temiamo che i robot prendano il nostro posto al lavoro, ma oggi gli esseri umani sono spesso oppressi da lavori robotici, ripetitivi e frustranti, più adatti alle macchine che alla vita biologica.

Non parliamo solo di lavori faticosi o socialmente poco apprezzati.

Anche negli uffici e nei luoghi in cui sono richieste skill specifiche e competenze, gli impiegati vengono trattati alla stregua di automi: i loro tempi sono scanditi da notifiche e avvisi e le fasi di stand-by vengono decise dall’azienda.

La rivoluzione robotica in Giappone

Il Giappone è stato un precursore nello sviluppo degli androidi, dando il via a questi processi decenni fa. Infatti, è il principale distributore a livello mondiale di robot industriali.

La scelta non ha solo basi di sviluppo tecnologico ed economico, ma sociale: dal 1995, la forza lavoro è diminuita del 13% a causa dell’invecchiamento della popolazione e il bisogno di lavoratori meccanici continua ad aumentare. 

Oltre alle produzioni industriali, ci sono ora piani di sviluppo anche per i settori a bassa produttività, come l’agricoltura e l’assistenza infermieristica. L’affinità culturale del Giappone al fenomeno della robotica, faciliterà l’adozione di questi strumenti rispetto al mondo occidentale.

I giapponesi non hanno paura dei robot ma li considerano come partner“, ha scritto Hiroshi Fujiwara, direttore esecutivo della Japan Robot Association. “I robot eseguiranno compiti in modo più produttivo rispetto agli umani e altre mansioni che rappresentano un pesante fardello per gli umani, e gli umani continueranno a eseguire compiti che i robot non possono svolgere“.

Hiroshi Ishiguro - i robot
Mikhail (Vokabre) Shcherbakov from Moscow, Russia [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)]

Hiroshi Ishiguro è professore presso la Graduate School of Engineering Science dell’Università di Osaka e ricercatore presso l‘Advanced Telecommunications Research Institute International (ATR) che realizza androidi realistici da oltre 20 anni.

Ishiguro e collaboratori hanno creato copie androidi di amici e familiari, e il professore ha prodotto anche una copia di se stesso. Il suo obiettivo è portare i robot a possedere una coscienza propria.

Il mio obiettivo nello sviluppo di robot è capire cosa significa essere umani“, afferma Ishiguro. “La creazione di robot che sono autocoscienti può aiutarci a raggiungere questo obiettivo“.

Una delle creazioni più realistiche di Ishiguro è Erica, un androide femminile progettato per esibirsi in discorsi e interazioni molto simili a quelle umane.

Sviluppata in collaborazione con ATR e l’Università di Kyoto e finanziata dall’agenzia scientifica e tecnologica giapponese, Erica ha occhi scintillanti, labbra umide e pelle artificiale.

È legata a una sedia ma collegata a sensori che controllano l’ambiente circostante. Può esprimersi in base agli input su parole chiave e può imparare dal suo interlocutore durante la conversazione.

La startup russa Promobot e i robot lavoratori

La start-up russa Promobot ha recentemente presentato quello che chiama il primo androide autonomo al mondo.

Assomiglia molto a una persona reale e il suo scopo è quello di diventare un robot lavoratore.

Robo-C può essere esteticamente realizzato con le fattezze di chiunque ed è quindi, a tutti gli effetti, un clone robotico.

Viene fornito con un sistema di intelligenza artificiale dotato di oltre 100.000 moduli vocali, secondo la società. Può funzionare in ogni casa, fungendo da robot da compagnia, per esempio leggendo le notizie o gestendo elettrodomestici intelligenti; in sostanza, si tratta un altoparlante intelligente antropomorfo.

Può anche svolgere diverse mansioni sul posto di lavoro, come rispondere alle domande dei clienti in luoghi come uffici, aeroporti, banche e musei e accettare pagamenti.

Siamo pronti per l’immortalità digitale?

Abbiamo analizzato le esigenze dei nostri clienti e c’era una domanda“, afferma Oleg Kivokurtsev, co-fondatore e direttore dello sviluppo di Promobot. “Ma, naturalmente, abbiamo iniziato lo sviluppo di un robot antropomorfo molto tempo fa e, quando sembra una persona, la percezione è molto più positiva. Ora abbiamo più di 10 ordini da aziende e clienti privati da tutto il mondo”.

Sono solo affari, baby

Il profitto è nei numeri, sempre: non nelle menate artistiche dell’hipster di turno con tante pretese.

Quello che gli impiegati umani possono fare con successo, almeno per il presente, è prendere decisioni opportune guidati dalle macchine, solo e sempre sulla base dei dati.

Le macchine cercano di più, più rapidamente e meglio e possono ridurre voci considerevoli nella spesa per la distribuzione di beni e servizi.

La capacità di adattamento dei robot e dei sistemi automatici in base ai nuovi eventi, della quotidianità e del mercato, permettono una scalabilità matematica del business che garantisce efficienza e coerenza ottimali rispetto all’entropia del ragionamento umano.

Esattamente come gli ingegneri hanno progettato linee di produzione efficienti e precise, di gran lunga più di quelle a direzione umana, i software sono ormai in gradi di descrivere esattamente la serie di passaggi necessari alla catena di montaggio, conoscendo il contesto esatto in cui essa sarà in moto.

Anche se fino ad ora l’automazione dei processi è stata limitata alla produzione e a compiti ripetitivi e relativamente semplici, siamo ora di fronte a un nuovo marxismo dell’automazione, in cui l’intelligenza (detta) artificiale reclama il suo posto nell’anti alienazione del prodotto: combinando l’automazione del processo con la gestione e la pianificazione delle risorse la gamma di ciò che può essere gestito al di fuori dell’intervento umano aumenta a dismisura.

Addio nastro trasportatore, largo ai robot

Amazon è stata una delle prime aziende ad applicare una vera intelligenza artificiale.

i robot lavoratori in amazon
Álvaro Ibáñez from Madrid, Spain [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)]

Ha infatti sostituito il classico nastro trasportatore sottoposto alla valutazione dell’essere umano con robot in grado di trasportare pacchi e merci.

Più lento? Forse, ma, a differenza di qualsiasi nastro trasportatore, il robot che sposta una merce da uno scaffale a un altro conosce già contenuto, peso e caratteristiche di quanto trasporta: nulla di lontanamente paragonabile a un controllo qualità visivo di un essere umano.

Le macchine sono consapevoli

Ce lo ha già mostrato Tesla con diversi test: oggi le macchine non sono mere esecutrici di un volere divino e vincolante ma prendono decisioni in autonomia, valutando scelte anche in contrapposizione a quelle del guidatore.

Asimov, addio? Sì, insomma: le tre leggi di una robotica solo immaginata sono ampiamente superate dagli sviluppi pratici di macchine reali, per nulla fantascientifiche.

Tesla guida automatica
By Smnt – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=64156970

Consapevolezza e contesto sono gli ambienti in cui le macchine si muovono già oggi, determinando i  migliori percorsi, limitando i consumi, pavoneggiando manovre impossibili per i riflessi umani. 

Insomma, fanno quello che facciamo noi, ma più velocemente e meglio.

Questa combinazione, cioè efficienza del lavoro e velocità di esecuzione, rendono l’operato dei robot imbattibile, considerando che esso si basa sulla raccolta dei dati e sulla comprensione dei contenuti. 

I processi delle macchine possono adattarsi automaticamente e dinamicamente alle necessità, guidando l’operatore verso il risultato ottimale.

Politica, religione, etica: sono ostacoli che l’estremo raziocinio delle unità robotiche aggireranno senza problemi, raccogliendo informazioni durante il suo funzionamento e completandole con quelle già in memoria.

Quindi, lasciamo perdere l’imprenditore che continua a ripetere che il volantino A5 mai sarà sostituito da internet e impariamo a pensare a un mondo nuovo, in cui il flusso del lavoro verrà ancora deciso dall’uomo ma fattivamente svolto da un essere non biologico, una intelligenza artificiale o una macchina.

Finché non saremo sostituibili, del tutto.