📸 Libertà di panorama: Wikimedia spiega quello che c’è da sapere

Il 9 luglio l’europarlamento potrebbe votare una norma sul diritto d’autore che introdurrà il divieto di scattare e pubblicare foto di monumenti, palazzi e opere pubbliche. Al momento la situazione differisce da Paese a Paese: la maggior parte delle nazioni come Spagna, Portogallo e Germania attualmente applicano il Freedom of Panorama, ossia la libertà di panorama, la possibilità di pubblicare le fotografie che ritraggono edifici o opere d’arte all’aperto senza chiedere consensi.

Altri, invece, come Belgio, Francia, Grecia e anche l’Italia sono su posizioni opposte. Qui i monumenti sono protetti da leggi che ne vietano lo sfruttamento dell’immagine a livello commerciale. E perfino le foto che quotidianamente postiamo su Facebook, anche se private, ricadrebbero in questa categoria.

Dato che le posizioni degli europarlamentari al momento sembrano convergere verso le posizioni più restrittive, per capire meglio quale sia la situazione attuale e cosa potrebbe cambiare dopo il 9 luglio, abbiamo rivolto qualche domanda a Federico Leva, socio Wikimedia Italia, attualmente impegnato a seguire proprio le vicende della libertà di panorama in Europa.

Da anni Wiki Loves Monuments e Wikimedia Italia sono attivi nella promozione del patrimonio monumentale italiano, con non poche difficoltà dovute proprio alla normativa piuttosto restrittiva. Quali sono i limiti posti dalla legislazione italiana?

Il problema è che si tratta di grida manzoniane: la legge stabilisce obblighi impossibili, a svantaggio delle persone di buona volontà.

Primo, per legge da decenni il ministero apposito avrebbe dovuto produrre il catalogo dei beni culturali, per sapere almeno quali siano le opere artistiche e i monumenti da tenere d’occhio. Tale catalogo però di fatto non esiste; solo di recente ne è stato pubblicato uno embrionale, arrivato dopo il nostro surrogato artigianale. Curiosamente mi dicono che la CEI rispetta meglio la legge dello Stato: certo è che ha un catalogo di oltre 4 milioni di oggetti.

Secondo, il diritto d’autore è molto stringente. Un architetto o scultore detiene il diritto d’autore incondizionato sulla propria opera fino a 70 anni dalla morte esattamente come uno scrittore. Di conseguenza, l’immagine di qualunque piazza contenente almeno un oggetto costruito meno di 150 anni fa è potenzialmente “proprietà privata”di almeno un architetto, scultore o progettista al pari di un’antologia di poesie.

Terzo, il codice Urbani dispone che qualsiasi oggetto più vecchio di 50 è potenzialmente un bene culturale (e certi altri oggetti lo sono automaticamente): di questi è vietato anche solo fare fotografie a meno di chiedere autorizzazione (eventualmente a pagamento) a chi li ha “in consegna”. Fiumi di inchiostro sono stati scritti sull’attuazione di tale normativa, a beneficio degli azzeccagarbugli; i benefici per la cultura sono invece non pervenuti.

In conclusione, non si salva proprio nulla. Potremmo anche decidere che non ci importa di far conoscere l’architettura moderna italiana, ma il punto tre impedisce la conoscenza anche di tutto il resto. Siamo costretti a scoprire quali siano i monumenti, chi li ha fatti e chi li gestisce e poi chiedere autorizzazione per ciascuno individualmente: assistiamo così gratuitamente i fotografi volontari della nostra associazione e milioni di visitatori di Wikipedia che ogni mese vedono queste immagini, ma con grande dispendio di risorse nostre.

Per raggiungere la copertura di altre associazioni europee, dovremmo assumere migliaia di impiegati e avvocati a tempo pieno (un ministero parallelo), ma ce ne possiamo permettere solo uno, pagato da migliaia di piccole donazioni.

Qual è, invece, l’attuale normativa europea sulla libertà di panorama?

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Di Blank_map_of_Europe_cropped.svg: Revolus derivative work: Quibik (Blank_map_of_Europe_cropped.svg) [CC BY-SA 3.0], attraverso Wikimedia Commons

La principale differenza è che nel resto d’Europa le cose funzionano. Certo, in Italia è più dura a causa del patrimonio artistico molto maggiore, ma la differenza è impressionante.

Per esempio, nel RegnoUnito l’associazione equivalente a Wikimedia Italia ha solo dovuto premere un bottone per avere una lista perfettamente dettagliata e libera di 300.000 monumenti da un sito pubblico; con un altro bottone ne avrebbero potuti avere 3 milioni. Hanno poi solo dovuto pubblicizzare quelle liste e aspettare le foto dei cittadini.

Dal punto di vista legale, in Europa l’unica preoccupazione è il diritto d’autore. A tal proposito, da decenni la maggior parte dei paesi europei è dotata di libertà di panorama, un principio legale di buon senso: le fotografie di oggetti esposti permanentemente in pubblico sono libere e l’unico diritto d’autore è di chi le scatta; i fotografi possono quindi tranquillamente pubblicarle in Wikimedia Commons con licenza libera cc-by-sa.

I dettagli dell’attuazione di questo principio variano fra paesi: tali leggi sono consentite dalla direttiva europea sul diritto d’autore, articolo 5(3)(h), ma non sono obbligatorie.

Cosa cambierà per i cittadini e per WLM in caso di approvazione delle nuove regole il 9 luglio?

Il 9 luglio, il Parlamento europeo voterà la relazione Reda per chiedere che la Commissione europea produca delle proposte legislative concrete per riformare l’antiquata direttiva del 2001. Un disastroso comma, scritto dal francese Jean-Marie Cavada e incredibilmente approvato a larga maggioranza in commissione, pretende che «l’utilizzo commerciale di fotografie, filmati o altre immagini di opere stabilmente situate in luoghi pubblici fisici dovrebbe sempre essere soggetto a un’autorizzazione preventiva degli autori o di un soggetto da essi delegato».

Tale testo, per quanto legalmente incomprensibile, equivale a chiedere che la libertà di panorama sia rimossa dalle leggi nazionali e anzi che sia sostituita con un “divieto di panorama” (forse perpetuo): qualunque sito web è commerciale, perché quasi tutti includono almeno un po’ di pubblicità o qualche altro metodo di finanziamento. Ciò sarebbe [inlinetweet prefix=”null” tweeter=”null” suffix=”null”]la fine di ogni speranza di far conoscere la cultura europea sul web[/inlinetweet] e getterebbe milioni di persone nell’illegalità a causa delle loro foto amatoriali.

Segherebbe le gambe a quella buona volontà mostrata dal governo italiano, giusto il 22 giugno, di mettersi in pari sulla libertà di panorama.

L’art. 9 della Costituzione italiana sancisce la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. Se promuovere la diffusione della conoscenza è il primo passo per tutelare, la proposta europea non rischia di limitare la disposizione del patrimonio culturale da parte dei singoli Stati?

Certamente; anzi è il MIBACT stesso a ricordare anche gli articoli 21 e 33. Infatti la proposta Cavada è quasi certamente impossibile a tradursi in legge in modo funzionante: è prevedibile che sarebbe contestata in diverse corti e infine eliminata, ma ci potrebbero volere molti anni e nel frattempo immani risorse verrebbero dissipate in questa follia.

Appellarsi alla Costituzione, poi, non è cosa semplice. Normative attivamente perniciose o poco chiare, come il codice Urbani, producono un danno distribuito che è enorme nel suo complesso ma non necessariamente abbastanza intenso da convincere anche una sola persona ad andare in tribunale. Se per esempio un Paese avesse milioni di monumenti e ciascuno perdesse cinque visitatori l’anno per via di una legge oscurantista, il Paese perderebbe milioni di turisti con danno fatale all’occupazione generale, ma non un singolo ente in grado di contestare la legge in tribunale.

Per fortuna, ufficiosamente diversi gruppi del Parlamento europeo hanno disconosciuto il testo Cavada (e persino il suo autore il 2 luglio ha chiesto di non approvarlo) e decine di europarlamentari anche italiani hanno presentato un emendamento per affermare invece che la libertà di panorama è cosa buona.

Non si sa però ancora né che cosa sarà messo in votazione né quali posizioni prenderanno i gruppi principali.

L’Articolo 1 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 – “ART-BONUS” ha concesso di scattare liberamente foto nei musei per uso personale e comunque senza scopo di lucro. In concreto, foto sì all’interno, foto no all’esterno?

Non è così semplice. Il decreto in questione ha leggermente modificato il codice Urbani ma senza cambiarne la sostanza; le mie considerazioni precedenti sono sulla versione in vigore. Ridurre le tariffe serve a poco, il vero costo è la burocrazia. L’esclusione poi dello “scopo di lucro, neanche indiretto” è un quasi-diritto di citazione su un quasi-diritto d’autore, una fattispecie mai sperimentata in giurisprudenza: preso alla lettera, tale comma per esempio vieta la pubblicazione delle immagini in Facebook, dato che esso riutilizza i contenuti degli utenti a scopi pubblicitari e fa profitti.

Quel che è certo è che il diritto di citazione non è il pubblico dominio. Wikipedia e i progetti Wikimedia sono progetti di cultura libera: deve essere consentito a tutti di usare, studiare, modificare e ripubblicare a qualunque scopo ogni loro contenuto, purché sia rispettata al licenza Creative Commons BY-SA e siano citati gli autori.

Solo le licenze libere garantiscono certezza del diritto nel riuso e tutelano gli utenti, che possono così preoccuparsi solo di diffondere la conoscenza e non di burocrazia.

Nel corso degli anni Wiki Loves Monuments ha “liberato” centinaia di monumenti, qual è il bilancio nel 2015?

Per ora abbiamo circa 230 enti, di cui 130 comuni per un totale di oltre 4200 monumenti. Continuiamo ad accettarne di nuovi finché possibile, quindi invitiamo tutti a convincere il proprio comune, museo, parco o ente preferito a mandarci la necessaria adesione!

Chi invece vuole che i monumenti diventino centinaia di migliaia o milioni dovrebbe telefonare a un europarlamentare per chiedere la libertà di panorama: bastano due minuti di tempo per aumentare significativamente la probabilità che votino al meglio il 9 luglio e dopo, ed è anche possibile chiamare gratuitamente.